Perchè si comincia a fumare?
Molti hanno fumato la prima sigaretta da bambini, nella propria abitazione, di nascosto dai genitori. Altri lo hanno fatto, insieme agli amici, a scuola.
Le motivazioni che spingono a fumare sono numerose e complesse. Solo analizzandole attentamente è possibile comprenderle: la naturale curiosità che si prova verso tutto ciò che è nuovo, specie se è proibito.
Il valore simbolico di comportamenti che per il giovane rappresentano l'iniziazione al mondo degli adulti,per la donna l'emancipazione da un certo stato di soggezione,un atto di ribellione verso la famiglia e la società oppure, viceversa, la ricerca di un sostegno in caso di difficoltà scolastiche, lavorative e ambientali in genere, la noia e l'insofferenza per l'ambiente nel quale si vive.
Questa riflessione non porta a sottovalutare le motivazioni che spingono verso il fumo, ma al contrario mostra quanto sia difficile combatterle, essendo esse in gran parte radicate nella natura stessa dell'uomo. Contrastandole in modo acritico si rischia solo di rafforzarle.
La dipendenza di tabacco è riconosciuta come una condizione patologica nella decima revisione della classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e nel manuale diagnostico e statistico dell'Associazione Americana di Psichiatria.
Il tabacco è una delle piante stimolanti più potenti che esistono e il suo principio attivo, la nicotina, è una delle droghe più tossiche in assoluto. Essa è una sostanza talmente forte e pericolosa che l’organismo sviluppa rapidamente una certa tolleranza per proteggersi: se un individuo comincia a fumare tabacco regolarmente, la tolleranza agli effetti velenosi della nicotina si sviluppa nell’arco di qualche ora (1).
E’ ormai noto che il fumo di sigaretta produce dipendenza ad alti livelli che può essere paragonata ad altre forme di dipendenza, come quella da cocaina e da oppiacei. La potenza della dipendenza da nicotina è stata confermata da numerosi studi che mostrano come i consumatori di eroina trovino più difficile stare senza fumare che senza utilizzare eroina.
In accordo con uno studio, gli individui che fumano all’incirca 4 sigarette in età adolescenziale, hanno il 94% di chance di diventare fumatori (2 – Shiffman et al.).
Il periodo dell’adolescenza, difatti, sembra particolarmente critico per lo sviluppo di comportamenti dipendenti caratterizzati da:
a) Impossibilità di restistere all’impulso di mettere in atto il comportamento (compulsività);
b) Sensazione crescente di tensione che precede immediatamente l’inizio del comportamento (craving);
c) Piacere o sollievo durante la messa in atto del comportamento;
d) Percezione di perdita di controllo;
e) Persistenza del comportamento nonostante la sua associazione con conseguenze negative
A sostegno di una base comune delle dipendenze vi sono, inoltre, i risultati dei numerosi studi che riportano un’elevata frequenza di condizioni di polidipendenza, ossia la compresenza di una o più dipendenze, da sostanze e comportamentali, nella stessa persona, e di cross-addiction, ossia il passaggio, nella storia di vita della persona, da una dipendenza a un’altra. (3 – Dip. Patologiche – Cortina).
In Italia, attualmente, i fumatori sarebbero, secondo le fonti, da 10 a oltre 15 milioni, in prevalenza maschi. Sebbene il fenomeno sia complessivamente in diminuzione rispetto a qualche anno fa, il fumo rimane in crescita nel sesso femminile e soprattutto tra i giovani.
Secondo alcune indagini condotte nelle scuole secondarie superiori, la percentuale dei fumatori arriverebbe, tra gli adolescenti, al 35%. Dato ancora più allarmante, da indagini Istat, è che il 7,8% dei tabagisti, con un’età che va dai 14 ai 24 anni, hanno acceso la loro prima sigaretta quando facevano la prima o la seconda media, ovvero, intorno ai 16-18 anni, molti risultano essere già intasati di nicotina e polidipendenti (da alcol e altra sostanze).
La fascia di età in cui si registra il maggior numero di tabagisti è quella tra i 25 e i 44 anni (32% dei fumatori), mentre per i giovani di 14-24 anni la percentuale di fumatori è del 29%.
La dipendenza di tabacco è riconosciuta come una condizione patologica nella decima revisione della classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e nel manuale diagnostico e statistico dell'Associazione Americana di Psichiatria .
È da questo quadro allarmante che è nata l’esigenza di creare un ambulatorio per il trattamento riabilitativo contro la dipendenza da tabacco al Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Dipendenza da tabacco. Aspetti bio-chimici
Tutti i fumatori conoscono i danni che il loro “vizio” o, meglio, dipendenza, procura alla loro salute.
Ma se vogliamo capire perché, nonostante la consapevolezza dei pericoli che essi corrono, non riescano a fare a meno di avvelenarsi, dobbiamo analizzare i meccanismi che sono responsabili della loro dipendenza patologica o addiction dal latino addictus (schiavo per debiti).
L’ “addiction” dipende, come altre forme di comportamento umano, da fattori innati ed acquisiti o, se vogliamo, da aspetti neurologici e psicologici.
Il comune denominatore di tutte le dipendenze sta nel bisogno di procurarsi piacere.
Recentemente si parla di Alessitimia (deficit della componente psicologica dell’affetto e del controllo delle emozioni).
In altre parole l’addictus sarebbe incapace di tollerare affetti negativi quali: noia, vuoto, perdita, angoscia, depressione, irritabilità o rabbia.
È in questa sede che, ogni qual volta proviamo il senso del piacere, troviamo un aumento di una sostanza capace di trasmettere alle altre cellule del nostro cervello un senso di aumentato benessere: la Dopamina.
Ora vediamo in che modo la Nicotina è considerata responsabile della dipendenza da tabacco.
Facilmente assorbita dalle mucose (segnatamente dall’epitelio bronchiale e alveolare) raggiunge il sistema nervoso centrale dove esplica la sua azione legandosi a recettori specifici che agevolano la produzione di Dopamina. Questa a sua volta viene degradata o mantenuta attiva da un sistema di regolazione sensibile ad altre sostanze (alcaloidi) presenti nel tabacco.
Ogni volta che ci procuriamo piacere e benessere vorremmo che durasse più a lungo, la Nicotina non è in grado di fare ciò da sola, perché inefficace nei confronti degli enzimi (MAO-B) che prolungano la durata d’azione della Dopamina.
Ecco, finalmente, trovato il motivo per cui non è sufficiente fornire Nicotina pura (sotto forma di gomme o cerotti) per soddisfare nel fumatore, in fase di disassuefazione, quel senso di benessere che vorrebbe durasse più a lungo: nelle foglie del tabacco sono presenti alcuni alcaloidi della famiglia delle beta-carboline in grado di bloccare l’azione delle MAO-B.
Abbiamo forse trovato il “complice” del colpevole dell’addiction da tabacco?
Dipendenza da tabacco. Il quadro del tabagismo
All’inizio il fumo è il risultato di una scelta sostanzialmente libera e volontaria. In seguito tende invece a trasformarsi in bisogno compulsivo, al fine non tanto di riprodurne gli effetti iniziali, quanto piuttosto di evitare i disturbi causati dalla sua mancanza.
Questo fenomeno, chiamato tossicodipendenza o dipendenza, è comune a gran parte delle droghe e ne costituisce uno degli aspetti più temibili e, nello stesso tempo, più complessi.
Un gruppo di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la tossicodipendenza «uno stato psichico e talvolta anche fisico, risultante dall’interazione tra un organismo vivente ed una droga, caratterizzato da modificazioni del comportamento e da altre reazioni, che comprendono la pulsione ad assumere la droga in maniera continua o periodica, al fine di ritrovarne gli effetti psichici e di evitare i disturbi causati dalla sua privazione» (OMS, 1973).
Per inciso, oltre a comparire tra le droghe nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders IV Edizione (DMS-IV) e nel Pocket Guide to the ICD-10 Classification of Mental and Behavioural Disorders (1994), la nicotina è stata classificata come tale anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in una categoria speciale.
Il problema del tabagismo scaturisce, sotto tutti gli aspetti considerati in questo documento, dal consumo del tabacco da fumo, prevalentemente in sigarette.
In Italia i fumatori sarebbero, secondo le fonti, da 10 a oltre 15 milioni, in prevalenza maschi. Sebbene rispetto ad alcuni decenni fa il fenomeno sia complessivamente in diminuzione, il fumo rimane in crescita nel sesso femminile e tra i giovani. Secondo alcune indagini condotte nelle scuole secondarie superiori, la percentuale dei fumatori arriverebbe tra gli adolescenti al 35 per cento.
Il numero di fumatori nel mondo è stimato in oltre un miliardo e, nonostante le campagne contro il tabagismo, è in aumento.
Il principale ingrediente attivo del tabacco è la nicotina, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso tra le droghe, in una categoria a sé (OMS, 1991).
Al pari di tutte le altre droghe, anche la nicotina è contraddistinta da «effetti psichici piacevoli, desiderabili e talvolta perfino utili, ma associati a rischi d’abuso e d’altre conseguenze negative sul piano individuale e sociale» (Silvestrini, 2001).
Gli effetti «piacevoli, desiderabili e talvolta perfino utili» del tabacco sono racchiusi in un quadro che, secondo le circostanze, può rispondere al bisogno di tranquillizzazione o, all’inverso, di stimolazione, assieme ad un miglioramento della capacità di concentrazione e d’apprendimento.
Probabilmente la diffusione del fumo si spiega con la sua capacità di soddisfare un’ampia gamma di bisogni. Sotto questo profilo, il tabacco
sembra avvicinarsi più alle bevande alcoliche e ai cannabinoidi, che agli oppiacei e agli psicostimolanti.
I rischi insiti nell’uso del tabacco riguardano due ordini di fenomeni: la tossicodipendenza, per brevità chiamata dipendenza, e i danni a carico della salute, con le gravi conseguenze negative che ne derivano sul piano sia individuale sia sociale. L’uso del tabacco non è abitualmente associato a fenomeni di abuso, intesi nel senso di perdita del controllo delle proprie azioni, che contraddistinguono altre droghe, incluso l’alcol, contribuendo a determinarne la pericolosità sociale.
Dipendenza da tabacco. Il fumo e i giovani in italia
Secondo un’indagine Doxa svolta nel 2003, sia le industrie del tabacco che le autorità sanitarie, quando si parla di fumo di sigaretta, hanno grande attenzione per i giovani.
L’interesse dell’industria del tabacco è palese, continuare a vendere sigarette, mentre le autorità sanitarie possono sperare di veder diminuire nei prossimi anni il numero dei fumatori e l’incidenza delle patologie legate al fumo solo convincendo il maggior numero possibile di giovani a non iniziare a fumare.
L’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OssFAD) , al fine di fornire elementi utili per programmare interventi volti a scoraggiare i giovani dall’abitudine tabagica, ha commissionato nel 2003 alla Doxa un’indagine campionaria volta a rivelare la prevalenza dei fumatori sulla popolazione italiana adulta e sui giovani con particolare riguardo alle loro abitudini e il grado di dipendenza.
Il numero di giovani e adolescenti che inizia a fumare è in costante aumento.
In Italia, il numero totale dei fumatori supera la cifra di 13 milioni e 90.000 l’anno sono i decessi attribuibili al fumo di tabacco.
Sulla base dei dati ISTAT, nel 1993 i fumatori erano il 24,6% della popolazione italiana; sono diventati il 24,9% nel 1997.
Fra i giovani di età compresa fra i 14 ed i 24 anni, si è passati dal 17,4% del 1993 al 20,5% del 1997. La ricerca Doxa propone un faccia a faccia fra gli scolari di oggi e quelli di ieri per capire come è cambiata nel corso degli anni l’immagine che i pre-adolescenti hanno del fumo.
“Emergono percezioni negative dei danni alla salute (24,5 per cento), delle malattie (22,4 per cento) e del rischio di morte (18,7 per cento) – spiega Ennio Salomon, presidente dell’istituto Doxa – L’associazione immediata è con il cattivo odore, i denti gialli, la dipendenza, e aumentano le citazioni riguardanti le malattie, ma l’immagine del fumatore accanito resta quella di un uomo, di oltre 30 anni, a volte del mondo dello spettacolo, o anche una figura familiare, che genera emulazione e necessità di copiarlo”.
Bibliografia
R. Pacifici, S. Pichini, E. Pizzi, A. Di Pucchio, C. Mortali, C. Faralli, G. Carosi,
D. Mattioli, L. Martucci, G. Modigliani, P. Zuccaro
Osservatorio Fumo, Alcol e Droga, ISS