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    Esperienza artistica e sindrome di Stendhal

    La sindrome di Stendhal è una reazione psichica che si attiva durante l’esposizione ad opere d’arte di notevole magnificenza e si manifesta con sintomi di varia natura: essi possono investire l’area cognitiva (disturbi del pensiero, allucinazioni, vissuti persecutori), l’area somatica (tachicardia, vertigini, crisi di panico) e l’area affettiva (stati depressivi, sensi di colpa o al contrario euforia ed esaltazione).
     
    La prima tipologia di segnali si riscontra maggiormente in persone con una storia passata di scompensi psicopatologici, mentre le altre tipologie possono colpire chiunque, generando un improvviso desiderio di tornare nella propria terra natia.  
     
    Questa condizione prende il nome dallo scrittore francese Stendhal che, in seguito alla sua visita a Firenze presso la chiesa di Santa Croce, esperì sensazioni intense che descrisse nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”: 

    «Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.»

    E’ stata la psichiatra italiana Graziella Magherini ad analizzare per la prima volta il disturbo nel 1977, partendo dalla sua esperienza lavorativa nell’ospedale di Firenze Santa Maria Nuova, in cui diversi pazienti si recavano in seguito ad inaspettati episodi di malessere psicologico.
     
    Tutti i casi coinvolgevano viaggiatori perlopiù interessati all’aspetto artistico della città e il disagio aveva luogo durante la visione di opere d’arte particolarmente suggestive. 
     
    Come già accennato, i sintomi riguardano un’area estesa che oscilla dal nevroticismo alla psicosi, pertanto non è possibile collocarli all’interno di una categoria diagnostica univoca; fortunatamente la sofferenza che provocano è momentanea e non lascia strascichi. 
     
    Recentemente è stato scoperto che anche la musica può generare un impatto simile causando esternazioni come deliri o allucinazioni. 
    Difatti non è un’ opera specifica ad indurre l’effetto Stendhal ma piuttosto alcune caratteristiche estetiche che, in concomitanza ad altri fattori tra cui la storia personale dell’osservatore, possono suscitare in lui impressioni molto forti. 

    Questa situazione si verifica perlopiù durante un viaggio solitario, ovvero una situazione di esplorazione in cui l’identità umana assorbe nuove realtà che, se da una parte costituiscono un arricchimento, dall’altra possono rivelarsi destabilizzanti.
     
    Ciò non significa che una persona non possa patire tale sindrome anche nel proprio ambiente d’origine, tuttavia le probabilità che questo accada diminuiscono poiché nel proprio contesto si possiedono maggiori capacità contenitive rispetto alle difficoltà evidenziate. 

    Esistono malattie con effetti simili, come la sindrome di Parigi, che si scatena nella suddetta città, e la sindrome di Gerusalemme, in cui la sfera preponderante non è quella artistica bensì quella religiosa: gli individui vengono colti da improvvisi impeti di fede. 

    Ma quali sono gli elementi in grado di evocare tali scompensi?
    La prospettiva psicoanalitica riconosce nell’arte un tentativo, da parte dell’autore, di trasporre i propri conflitti inconsci e le fantasie represse, sublimandole nell’opera creata.
     
    Le componenti angoscianti  restano così impresse nei dettagli del componimento e catturano l’attenzione dello spettatore, il quale ne recepisce la veemenza. In alcune persone tali particolari sono in grado di evocare  esperienze personali incisive, al punto di generare i sintomi descritti.
     
    L’ipotesi neurobiologica avalla in parte questa teoria, attraverso il cosiddetto meccanismo della “simulazione incarnata”.
     
    L’elaborato artistico attiva le aree cerebrali coinvolte negli stati emotivi (amigdala, striato ventrale, neuroni specchio, ecc.).
    I neuroni specchio, che mediano la simulazione incarnata, inducono l’osservatore ad esperire le stesse emozioni espresse dall’autore durante l’esecuzione dell’opera.
    Esse vengono  riconosciute in maniera inconsapevole e pre-riflessiva mediante le peculiarità del lavoro creativo.
     
    La risposta sintomatica tipica della sindrome di Stendhal si svilupperà solo negli individui più vulnerabili, già predisposti a turbamenti psichici.    
    Bibliografia                         
    Graziella Magherini (2007) “Mi sono innamorato di una statua” Firenze, NICOMP L.E. 
    Gallese V., Migone P., Eagle MN. (2006) “La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi fisiologiche dell'intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicoanalisi, Psicoterapia e Scienze Umane”
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