Articolo a cura della Dr.ssa Francesca Praticò Psicologa e psicoterapeuta con una formazione specifica in psicoterapia cognitivo-comportamentale
La psicologia fetale ci offre una nuova prospettiva sullo sviluppo umano, riconoscendo l’importanza della vita prenatale nell’orientare il corso della vita psicologica di un individuo.
La psicologia tradizionale, si concentra principalmente sullo sviluppo mentale ed emotivo delle persone dopo la nascita; la psicologia fetale amplia questa prospettiva, considerando il periodo della vita che ha sede nell’utero materno, come un periodo critico di formazione che necessita di essere compreso e supportato.
I primi segni di attività cerebrale fetale, possono essere rilevati già intorno alla settima settimana di gestazione e segnano l’’inizio della vita psicologica nell’essere umano. Durante questo periodo, il feto inizia a percepire e rispondere agli stimoli provenienti dall’ambiente circostante inclusi suoni, movimenti e persino le emozioni della madre; ciò che accade in questi mesi, può avere conseguenze sia nel breve che nel lungo termine.
L’ambiente uterino è ricco di stimoli che possono influenzare lo sviluppo psicologico del feto; le esperienze emotive della madre, i suoi livelli di stress, di felicità e persino la sua dieta (nella misura in cui il feto è capace di discriminare una soluzione zuccherina ingerita dalla madre da sostanze di altro sapore), possono avere un impatto sullo sviluppo emotivo del bambino non ancora nato. Il “bambino” prenatale è in grado di percepire odori e sapori e, una volta fuori dall’utero, riconoscere e ricordare quelli che ha già incontrato.
La comunicazione tra madre e bambino inizia molto prima della nascita; si tratta di un’interazione, quella tra madre e feto, veicolata da vari canali sensoriali in interazione reciproca, un interscambio che produce tracce mnestiche che influenzano il comportamento del futuro neonato.
Il feto è in grado di percepire e riconoscere la voce della madre, rispondere ai suoni esterni ma anche essere infastidito da rumori intensi. Intorno alla ventesima settimana di gestazione, avverte suoni come il battito cardiaco della madre ed il flusso sanguigno, ma anche suoni esterni come la voce, rumori ambientali e persino la musica.
In una ricerca sperimentale (Imbasciati, Manfredi e Ghilardi, 2002) sull’esposizione auditiva fetale, è stato dimostrato come il neonato abbia risposte differenziali rispetto alla voce materna e la discrimini da altre fonti sonore già a poche ore di vita. Sembra che, la maturazione fetale, abbia caratteristiche tali da rendere udibili dal feto proprio i suoni corrispondenti alla voce umana.
Diversi sono gli studi e le osservazioni che attestano la sorprendente capacità di memoria del feto in termini di stimoli udibili o tattili ripetuti durante la gestazione, che avvalorano l’ipotesi dell’influenza delle esperienze prenatali sul comportamento e sulla risposta agli stimoli dopo la nascita.
Studi su roditori e primati non umani, indicano che lo stress materno durante la gravidanza possa influenzare lo sviluppo del feto, con conseguente ritardo dello sviluppo motorio e cognitivo nonché compromissione dell’adattamento a situazioni stressanti; sarebbe confermata l’esistenza di una relazione tra una condizione di stress prenatale e lo sviluppo cognitivo e temperamentale nell’infanzia (Jan K Buitelaar, Anja C Huizink, Edu J Mulder, Pascalle G Robles de Medina, Gerard H A Visser, 2003).
L’evidenza scientifica supporta l’opinione che, l’esposizione allo stress prenatale, possa comportare una suscettibilità generale alla
psicopatologia, piuttosto che esercitare un effetto diretto su una forma specifica di psicopatologia (Huizink, A. C., Mulder, E. J. H.; Buitelaar, J. K., 2004).
Le esperienze intracorporee madre-feto costituiscono dunque le prime tracce mnestiche di un soggetto, e possono essere definite una forma di memoria implicita prenatale. Si tratta di una memoria di funzioni cioè “memoria di come funzionare” in cui gli apparati sensoriali, sollecitati da stimoli fisici che si originano dall’esterno, inviano afferenze che nel tempo vengono organizzate all’interno di un sistema di funzioni; in un percorso evolutivo sempre più articolato e di costruzione delle reti neurali, si giunge così ad una rappresentazione più vicina al reale, alle percezioni di un adulto.
Le evidenze dei paradigmi di apprendimento fetali di condizionamento classico, quali l’abituazione e l’apprendimento all’esposizione, rivelano che il feto abbia una memoria a breve ed a lungo termine che gli consente di riconoscere sensazioni provate in utero. In particolar modo, una memoria a breve termine di 10 minuti (che viene definita abituazione e indica l’adattamento agli stimoli sensoriali dopo un certo periodo di sollecitazione) ed una a lungo termine di 24 ore (Van Heteren C et all, 2000); è stata verificata e confermata l’ipotesi che i ricordi esistano dopo la nascita e che i feti, sottoposti a determinati stimoli e poi esposti a questi dopo la nascita, conservino memoria rispetto ai piccoli non stimolati nell’utero (Gonzales NL et all, 2006).
Ad aiutarci in una migliore comprensione di ciò che accade nel mondo intrauterino, è la distinzione tra ciò che è psichico da ciò che è cosciente poiché, solo una parte della nostra attività psichica, è di fatto accessibile all’elaborazione consapevole. La coscienza fa riferimento a quanto percepiamo e di cui siamo consapevoli nel momento presente ma, nel determinare il nostro comportamento e le nostre esperienze, un ruolo fondamentale lo ricopre ciò che non è immediatamente accessibile alla nostra consapevolezza e che
si manifesta attraverso il nostro corpo mediante i movimenti muscolari, i cambiamenti del battito cardiaco e del ritmo respiratorio.
I nove mesi di gestazione, il parto e le prime esperienze che il bambino vive fuori dall’utero materno, rimangono impresse non soltanto nella sua memoria psichica ma anche nel suo corpo; si tratta “di memorie” che potranno giungere alla coscienza ogni qualvolta ci saranno nella realtà degli agganci, che riporteranno la persona a rivivere quei momenti che potranno essere significati come felici ricordi o come traumi.
Considerando l’importanza della vita prenatale nello sviluppo psicologico di un individuo ed il ruolo della sua memoria, quale “collante” che ci aiuta a tenere insieme le diverse parti di noi, appare di cruciale importanza investire sulla salute e sul benessere della madre durante la gravidanza. Il mondo intrauterino è un ambiente di esperienza e di apprendimento che permane nell’individuo… “la traccia che influenza la successiva esistenza, il precedente che permane nel presente: nel profondo della psiche, il tempo è il tempo della traccia” (Imbasciati, 2017).
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Linkografia
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