Chissà cosa penserebbe Sigmund Freud di fronte a un paziente che gli racconta i suoi sogni attraverso una webcam. Chissà. Eppure la psicanalisi online negli Stati Uniti è una realtà in crescita, anche se ancora non così diffusa. Molto diffusa, anzi ormai entrata a far parte del percorso di studi come specializzazione è invece la cyberpsicologia (o ciberpsicologia) ; in Inghilterra alla Notthingham University è stato da poco aperto un master e anche in Italia negli ultimi anni il dibattito e le pubblicazioni al riguardo sono notevolmente cresciute. La rete è sempre più un luogo dove le cose accadono, dove si manifestano comportamenti in continua metamorfosi: non siamo più soggetti ma soggetti digitali. La nostra non è più solo realtà ma cyber- realtà.
Ecco allora che si parla di cybergiornalismo, di cyberbullismo, di cyberdipendenze. E, naturalmente, di cyberpsicologia. Lo studio del comportamento in relazione alla realtà virtuale si è andato approfondendo e negli ultimi anni ha registrato alcuni fenomeni nuovi, come spiega il Prof. Maurizio Cardaci, Ordinario di Psicologia della Personalità all'Università di Palermo e autore del libro Ciber-psicologia. “Quando si parla di ciberpsicologia si intende un insieme di approcci alle realtà virtuali.
Negli ultimi anni sono avvenute delle mutazioni molto interessanti. La più evidente è sicuramente il passaggio dall' enfasi sull'anonimato all'esibizione del sé, ovvero, ci si declina con tutta la propria presenza e identità: esempio più eclatante di questi ultimi mesi è Facebook. Strumento di questo cambiamento è sicuramente anche la portabilità di internet: con il telefono cellulare, per esempio, da un uso privilegiato di accesso oggi Internet è diventato portabile, centripeto. Quindi c'è un capovolgimento: pur mantenendo ancora una dimensione anonima oggi l'enfasi è a uso di internet”.
Nell'era della Weblife Generation, quella di Facebook, dell'Avatar, di Youtube, dei blog, del P2P, la ciberpsicologia ha modificato e in alcuni casi creato nuovi strumenti di indagine. Cambiano le patologie, cambiano i pazienti e cambia quindi anche la professione dello psicologo. “Alcuni strumenti di indubbio valore – continua il prof. Cardaci – che pure rappresentano un'indagine delicatissima per esaminare aspetti della personalità, come il test delle macchie di Rorschach, ormai appartengono alla tradizione. Le risposte a questo test si trovano su internet, come hanno fatto negli Usa alcuni padri per superare il test psicologico e ottenere l'affido dei figli. La ciberpsicologia ha offerto e offre un momento di desacralizzazione della psicologia tradizionale. Oggi abbiamo capito che l'aspetto virtuale esiste anche nella realtà cosiddetta reale, il faccia a faccia è sempre più proiettato su aspetti di virtualità e casualità, che costituiscono la realtà dell'individuo post-moderno. La ciberpsicologia ci parla di online resarch, di laboratori virtuali, di questionari online dove attraverso risposte rapide si rilevano caratteristiche della personalità”.
Ma allora si può curare un paziente, per esempio curandone l'avatar? Restiamo probabilmente nell'ambito del dubbio con alte punte di fantascienza. Ma è un fatto che esiste una domanda di psicoterapia online e che per alcune patologie potrebbe essere la soluzione più indicata. Il prof. Marco Longo, fondatore del portale www.psychomedia. it , dove vengono raccolte pubblicazioni e novità sulle ricerche, ne individua alcune pur rimanendo fedele a un'idea tradizionale di psicoterapia.
“In casi di pazienti agorafobici o anoressici che hanno difficoltà a relazionarsi col mondo reale ma in quello virtuale si muovono perfettamente, o in casi come quello degli hikikomori (letteralmente isolati) che in Giappone hanno già raggiunto proporzioni impressionanti: si parla di 800.000 mila casi tra giovani in età compresa tra i 12 e 20 anni. Gli hikikomori sono ragazzi che rifiutano la società giapponese fortemente competitiva e si chiudono in casa, non escono mai. L'unico strumento di comunicazione è internet per cui sviluppano una vera e propria forma di dipendenza. In questi casi la psicoterapia online è una soluzione. La psicoterapia comunque è relazione diretta e non mediata: strumenti come la videoconferenza o Skype possono funzionare in quanto ci si vede e sappiamo l'importanza della comunicazione non verbale. Ma via chat o via mail non parlerei proprio di psicoterapia ma di prima consulenza”.
La sperimentazione avanza come una corrente sotterranea, il web muta il suo aspetto con un clic e nuove psicotecnologie spuntano come “gyser virtuali” ad ogni latitudine. E' la virtual therapy. Il ciberpsicologo per curare fobie, attacchi di panico, disturbi alimentari, disturbi post-traumatici da stress, depressione e ansia sociale, negli Stati Uniti si può ritrovare in mano un videogame. Lo stesso può succedere a Zurigo dove, per i bambini tra i 9 e i 13 anni è stato sviluppato un computer game basato sui principi della terapia cognitivo- comportamentale. La relazione tra tecnologia e mente umana è reciproca, un reciproco e continuo scambio.
“E' stato studiato – spiega il prof. Cardaci – che per gli estroversi l'uso di internet è associato a un accresciuto senso di benessere inclusi ridotti livelli di solitudine, di emozioni negative e accresciuta autostima e coinvolgimento sociale. Per gli introversi gli effetti sarebbero opposti. La tecnologia amplifica le caratteristiche della nostra personalità e in alcuni casi le contiene, ovvero costituisce uno “sfogo” che altrimenti potrebbe rivolgersi all'esterno. Sono convinto che gli psicologi debbano formarsi non più solo con gli strumenti tradizionali ma attraverso una buona conoscenza non solo della tecnologia ma dei prodotti tecnologici e delle nuove realtà sociali, il social web. La realtà non è solo quella che viviamo ma anche quella in cui ci proiettiamo. Freud? Secondo me guarderebbe a tutto ciò con attenzione. Egli stesso fece sperimentazione per la tutta la vita. Scoprire del resto significa cercare”.
Articolo di Stefania de Pasquale, tratto da: www.lastampa.it