NON chiedete ad un abitante di Second Life cos'è Second Life, perché vi risponderà nel modo più ovvio possibile: una seconda vita. Creato dalla società americana Linden Lab, Second Life è una comunità virtuale alternativa. Un mondo online persistente, che esiste sui server dello sviluppatore del «gioco», nel quale ognuno può collegarsi via Internet, creare il proprio avatar e condurre un'esistenza parallela, insieme con migliaia di altre persone. E infatti la popolazione di Second Life ha appena superato i 300 mila abitanti.
E come per ogni società virtuale che si rispetti, la città ha iniziato ad ospitare conferenze, dibattiti politici e mostre d'arte e anche negozi e servizi di ogni genere. Perfino psicoterapeutici. Un esempio? Il Center for Positive Mental Health.
Il direttore si chiama Craig Kamenev ed è un distinto giovane sulla trentina. Nella realtà si chiama Craig Kerley, è uno psicologo americano ed è uno dei precursori della Avatar Therapy, la terapia psicologica attraverso un mondo online. Al posto del dialogo in prima persona c'è il dialogo in chat. Al posto del lettino reale c’è il lettino virtuale. Costo di una seduta da 50 minuti: 90 dollari.
Dottor Kerley, come funziona una seduta di terapia psicologica in Second Life? «Si svolge più o meno come una sessione di chat terapeutica, ma in questo caso l'ambiente in realtà virtuale di Second Life offre indicazioni aggiuntive che non sarebbero disponibili in chat. Il paziente, e il terapista, forniscono indirettamente un gran numero di informazioni sulla loro personalità, in base al design del loro avatar, al nome scelto e agli abiti. Inoltre, l'uso di gesti introduce la possibilità di ricevere piccole informazioni non-verbali aggiuntive durante la terapia».
Quali sono i vantaggi di questo tipo di terapia? «Il vantaggio primario della avatar-therapy è la possibilità, per chiunque abbia un accesso limitato ai servizi psicologici, di usufruirne ugualmente. Nello specifico, chi ha gravi problemi fisici o soffre di fobia sociale debilitante o, ancora, di agorafobia spesso non è in grado di rivolgersi a un servizio specializzato. Ho scoperto che moltissime persone in queste condizioni usano Second Life come forma primaria di interazione sociale. Un altro vantaggio è proprio la natura virtuale: quando il problema è la fobia sociale, il paziente può sfruttare il gioco per svolgere un'interazione in un ambiente più “sicuro” rispetto alla vita reale. Queste sessioni di pratica possono poi essere gradualmente trasferite nella vita reale, quando il paziente prende fiducia nei propri mezzi. Gli stessi principi si applicano al trattamento della depressione, degli stati di collera e di problemi relativi all'ansia, come il disordine ossessivo-compulsivo e i deficit sociali collegati alla sindrome di Asperger».
Come nasce l'avatar-therapy? Ci sono altri psicologi che la praticano? «Non conosco altri terapisti che conducono l'avatar-therapy in questo momento. Nei mondi virtuali, tuttavia, ci sono spesso gruppi di mutuo supporto, nei quali persone con problemi simili si riuniscono per discuterli. L'unico riferimento riguardo l'avatar-therapy è il libro online di John Suler “The Psychology of Cyberspace”: http://www.rider.edu/~suler/psycyber/avatarther.html».
Come hanno reagito gli abitanti di Second Life all’esperimento? «Inizialmente con diffidenza. Molti degli abitanti di vecchia data non erano sicuri se il Center for Positive Mental Health fosse una simulazione o qualcosa di reale. Quando le persone hanno cominciato a capire che i nostri gruppi di discussione erano veri, hanno partecipato in numero sempre maggiore. Ora il gruppo di Second Life conta su 120 partecipanti e fino a 30 persone partecipano alle singole sessioni. La partecipazione come singolo ha invece richiesto più tempo per ingranare. Ma bisogna sottolineare che ci siamo stabiliti in Second Life da due soli mesi. Nonostante questo, ho avuto oltre 1000 contatti sul mio sito della avatar-therapy nelle ultime due settimane e credo che questo modello di terapia si evolverà a ritmi elevati. La domanda ha raggiunto un livello tale che ho dovuto iniziare a reclutare altri professionisti per gestire i gruppi di discussione al Centro».
I suoi pazienti in Second Life sono diversi rispetto ai pazienti che seguono la terapia tradizionale? «Per la maggior parte sono simili ai pazienti con cui lavoro nella vita reale. Tuttavia, ho notato che una maggiore percentuale di persone in Second Life soffre di fobia sociale e agorafobia. Inoltre suppongo che, rispetto ai pazienti tradizionali, ci sia un maggiore scetticismo sull'efficacia della psicoterapia. Nel mondo reale, infatti, è necessaria una forte motivazione per cercare un terapista e seguire la terapia. Oggi si stima che la fobia sociale sia il terzo problema psicologico più comune negli Usa (dopo depressione e alcolismo) e tuttavia chi ne soffre ha spesso difficoltà a rivolgersi a qualcuno per risolvere i propri problemi. Un ambiente come Second Life, al contrario, ha il vantaggio dell'anonimato. La mia speranza, quindi, è che, operando qui, venga offerto un servizio a un grande numero di persone che altrimenti non si sarebbe rivolto a uno psicologo».
Second Life è un fenomeno unico: si tratta di un mondo virtuale interamente realizzato e posseduto dai suoi stessi residenti. Dal momento dell’apertura, avvenuta al pubblico nel 2003, è cresciuto a ritmi vertiginosi e oggi conta centinaia di migliaia di abitanti di tutto il mondo, che conducono vite parallele o alternative a quelle reali.
I SITI INTERNET:
- Second Life http://www.secondlife.com/
- Linden Lab http://lindenlab.com/
- Dr. Craig Kerley http://www.drkerley.com/
Fonte: http://www.lastampa.it