Il cooperative learning (apprendimento cooperativo, CL) è una metodologia scolastica che, facendo leva sulla collaborazione tra studenti, facilita l’acquisizione di conoscenze in maniera permanente.
Essa sembra particolarmente utile per gli studenti che hanno difficoltà a seguire le lezioni frontali, in cui l’attenzione comincia a calare dopo tempi brevi ostacolando la memorizzazione dei concetti.
Questo metodo prevede la suddivisione in gruppi di lavoro che si prefiggono un obiettivo da raggiungere, il tutto sotto la costante supervisione dell’insegnante. Affinché si realizzi il CL sono indispensabili alcuni elementi:
Interdipendenza positiva: ciascun membro deve affidarsi agli altri ed impegnarsi, in caso contrario tutti ne subiranno le conseguenze
Responsabilità individuale: ogni studente deve essere consapevole che quanto prodotto è fondamentale ai fini del suo apprendimento e che questo verrà successivamente verificato attraverso prove individuali
Interazione costruttiva: i componenti del gruppo si confrontano durante tutto il processo, discutendo i ragionamenti e i risultati
Uso delle abilità sociali: gli studenti imparano a comunicare in maniera più efficace, ad esporre le proprie opinioni, a prendere delle decisioni e a gestire i conflitti
Valutazione del lavoro: periodicamente si controlla il lavoro svolto e il funzionamento del gruppo, apportando se necessario dei cambiamenti per migliorarne l’efficienza
Apparentemente può sembrare una struttura simile al tradizionale lavoro di gruppo, tuttavia in quest’ultimo manca l’interdipendenza reciproca che impone agli studenti di interagire piuttosto che risolvere i compiti individualmente per poi accorparli alla fine.
Esistono due forme di CL, ugualmente efficaci: CL informale e CL formale.
Nel CL informale vengono assegnati degli esercizi da svolgere in piccoli gruppi fissi composti da 2-4 persone, in un tempo generalmente breve compreso tra i trenta secondi e i cinque minuti. In alternativa, si può optare per la coppia che condivide il ragionamento (think-pair-share): i due studenti inizialmente formulano due risposte separatamente, poi si confrontano arrivando a fornirne una sola.
Nel CL formale i compiti richiesti sono più lunghi e laboriosi, tali da richiedere un impegno prolungato che occupa gran parte del corso. Il progetto può essere portato a termine sia in classe che al di fuori, disponendo ruoli diversi all’interno del gruppo e prevedendo una relazione da parte di ogni studente ed un’altra relazione complessiva di gruppo. Al termine si valuteranno entrambe, così da esaminare sia il gruppo nella sua interezza che l’impegno di ogni partecipante.
Ovviamente tutti questi aspetti sono stabiliti dall’insegnante, che tuttavia deve seguire alcuni accorgimenti per rendere più vantaggioso l’intervento.
Ad esempio alcuni studenti potranno manifestare una scarsa disposizione a lavorare con gli altri, in tal caso sarà bene far presenti i vantaggi che comporta tale tecnica, continuando comunque a monitorare l’andamento gruppale e sottolineando gli apporti positivi che di volta in volta emergono. Per quanto concerne la ripartizione degli studenti sarebbe preferibile predisporre diversi livelli di abilità per evitare discrepanze eccessive tra i vari gruppi e per consentire ad ogni alunno di trarre beneficio dalla collaborazione.
E’ inoltre da evitare che le minoranze di classe (ad esempio ragazzi stranieri) siano in minoranza anche nel gruppo, poiché tenderebbero a rimanere in disparte in una modalità passiva. Il docente deve inoltre assegnare dei ruoli che, principalmente, sono: il leader (coordina le varie attività), lo scettico (chiede spiegazioni sui procedimenti e stimola i compagni alla ricerca di alternative) e il controllore (si accerta che il problema sia stato considerato in tutte le sue sfaccettature e riassume i passaggi effettuati).
Chiaramente progetti di tale portata, richiedendo molto tempo in classe, costringono il professore a riorganizzare il programma scolastico, condensando alcune parti e lasciandone altre agli studenti che dovranno approfondirle autonomamente. Nella fase della valutazione finale solitamente i membri del gruppo vengono tenuti lontani tra loro per evitare che copino.
Ci sono dei gruppi che non riescono a funzionare: laddove è possibile l’insegnante dovrebbe aiutare a risolvere le difficoltà, in caso contrario il membro non cooperativo viene espulso dal gruppo e deve poi trovarne un altro disposto ad accettarlo.
Numerosi studi su questo stile d’apprendimento hanno dimostrato che esso garantisce una migliore fruizione delle informazioni rispetto all’istruzione classica, promuovendo l’attivazione di abilità cognitive complesse, favorendo la comprensione e rendendo stabili nella memoria le competenze apprese, purché siano rispettate le condizioni sopraesposte.
Si possono riscontrare miglioramenti nei risultati individuali (voti scolastici mediamente più alti), relazioni con i coetanei più positive improntate al rispetto reciproco ed un aumento dell’autostima e del senso di autoefficacia.
Infine si possono attivare delle risorse aggiuntive in quei casi problematici, come ad esempio un ragazzo con Dsa o un ragazzo disabile che, mediante il supporto dei compagni, possono sopperire alle loro mancanze e contribuire al raggiungimento dello scopo preposto.
BIBLIOGRAFIA
M. Comoglio, M.A. Cardoso (1996). Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning. LAS editore: Roma
S. Kagan (2000). Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale. Edizioni Lavoro: Roma
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