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    L’audizione protetta

    L'audizione protetta è una forma particolare di udienza in cui viene ascoltato un minore, di anni 16, presunta vittima di reati di natura sessuale.
    E' una metodologia di ascolto volta a migliorare le condizioni in cui il minore si trova a testimoniare (Petruccelli, 2008) e a garantire la tutela del minore consentendogli di vivere l'esperienza giudiziaria in modo più sereno  possibile.
     
    Si parla di abuso sessuale quando un bambino è coinvolto in attività sessuali che non può comprendere, per le quali è psicologicamente impreparato e per le quali non può dare il proprio consenso e/o che violano le leggi o i tabù sessuali” (American Academy Pediatrics).
    L'importanza della giovane vittima nel procedimento penale, è stata riconosciuta nel diritto penale e nella criminologia, solo negli ultimi anni.
     
    Nel c.p.p. del 1930, infatti, l’attenzione verso il minore coinvolto come testimone o come parte lesa nel processo era pressoché nulla. 
    Solo a partire dalla stesura del codice del 1988, ci si è posti il problema di tutelare la personalità del minore, per metterlo al riparo da ogni possibile trauma ricollegabile alla sua partecipazione al processo. 
     
    Con l'art. 472 comma 4° c.p.p., si è stabilito che il giudice può disporre “a porte chiuse” l’esame dei testi minorenni condotto, dal giudice stesso, su domande e contestazioni a lui proposte dalle parti e con l’eventuale collaborazione di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile.
     
    Con la riforma dei reati sessuali del 1996 e  l’introduzione della legge sulla pedofilia nel 1998 si è disposto che:
    1. in tutti i procedimenti penali per i reati di abuso sessuale, tale esame deve effettuato nel più breve tempo possibile, cercando di evitare che sia differito alla fase del giudizio (art. 392 comma 1-bis c.p.p.);

    2. quando le esigenze del minore lo rendano necessario od opportuno, il suo esame si svolgerà, con “modalità particolari”, in luogo diverso dal tribunale e presso “strutture specializzate” (audizione protetta).  L’esame del minore vittima del presunto reato deve comunque essere sempre effettuato mediante l’uso di un vetro a specchio e di un impianto citofonico (art. 498 comma 4-ter c.p.p.). 
    Un riferimento costante per la giurisprudenza, la letteratura e la dottrina è la Carta di Noto del 1996, aggiornata nel 2002 alla stregua delle innovazioni legislative e dell’evoluzione della ricerca scientifica in materia. 

    La Carta di Noto (aggiornata nel 2002 e successivamente nel 2011) è un documento che contiene le Linee Guida per l'esame del minore in caso di abuso sessuale; una serie di suggerimenti volti a garantire l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando al minore la protezione psicologica, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e degli strumenti del diritto internazionale. 
    Si rivolge a tutti coloro che stabiliscono un rapporto con il minore durante il procedimento penale.

    La Carta di noto è composta da 12 articoli e stabilisce che:
    1. La consulenza tecnica e la perizia in materia di abuso sessuale devono essere affidate a professionisti specificamente formati, i quali sono tenuti a garantire il loro costante aggiornamento professionale. 

    2. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti che spetta esclusivamente all’Autorità giudiziaria. L’esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità della fase evolutiva del minore.

    3. In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e, ove necessario, al contesto sociale del minore.
    4. Si deve ricorrere in ogni caso possibile alla videoregistrazione, o quanto meno all’audio-registrazione.

    5. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto avrà cura di individuare, esplicitare e valutare le varie ipotesi alternative all'abuso.

    6. Nel colloquio con il minore occorre:
      – 
      garantire che l'incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la serenità del minore;
      – 
      informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso;
      – 
      consentirgli di esprimere opinioni, esigenze e preoccupazioni;
      – 
      evitare domande e comportamenti che possano compromettere la spontaneità, la sincerità e la genuinità delle risposte, senza impegnare il minore in responsabilità per ogni eventuale sviluppo procedimentale.

    7. sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento è l'incidente probatorio.

    8. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati di per sé come indicatori specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude di per sé l’abuso.

    9. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato di violenza sessuale è necessario che l’esperto rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’esperto, anche, se non richiesto, non deve esprimere sul punto della compatibilità né pareri né formulare alcuna conclusione.

    10. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi.

    11. L’assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che manterrà l’incarico in ogni stato e grado del procedimento penale. Tale persona dovrà essere diversa dall’esperto e non potrà comunque interferire nelle attività di indagine e di formazione della prova.

    12. Alla luce dei principi espressi da questa Carta si segnala l’urgenza che le istituzioni competenti diano concreta attuazione alle seguenti prescrizioni contenute nell’art. 8 del PROTOCOLLO ALLA CONVENZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO SULLA VENDITA DI BAMBINI, LA PROSTITUZIONE DEI BAMBINI E LA PORNOGRAFIA RAPPRESENTANTE BAMBINI (stipulato il 6 settembre 2000 a New York, ratificato con legge dello Stato 11 marzo 2002 n. 46).
    L’audizione  protetta del minore dunque, deve essere condotta da professionisti specificamente formati e non riguarda l’accertamento dei fatti sotto il profilo giudiziario e processuale, ma giudizi di ordine clinico, quali competenza e funzioni psichiche di base del minore legate alla sua capacità di rendere testimonianza in rapporto a:
    • l'età;
    • il livello di sviluppo del linguaggio;
    • il livello di comprensione;
    • la motivazione;
    • la socializzazione;
    • le modalità espressive ed emotive;
    • il livello di suggestionabilità,
    • la presenza di possibili evidenze cliniche;
    • la congruenza tra organizzazione di personalità, narrazione ed eventuali vissuti traumatici.
    Le conclusioni da parte dell’esperto devono  dunque tener conto della specifica fase evolutiva in cui si trova il minore. 

    Al fine di valutare l'attendibilità o meno della testimonianza da parte del minore, l'esperto farà inoltre riferimento ad alcuni concetti fondamentali di quanto testimoniato:
    • l'accuratezza
    • la credibilità
    • l'affidabilità
    • ripetibilità
    • la validità  
    Adottando la metodologia dell'audizione protetta, l'ascolto del minore avviene in luogo diverso dal tribunale e in uno spazio caratterizzato da un locale accogliente, attrezzato in modo da ospitare adeguatamente il minore. 

    La stanza, inoltre, deve essere dotata di un impianto di videoregistrazione a circuito chiuso con specchio unidirezionale, al fine di permettere la partecipazione indiretta dei Consulenti Tecnici di Parte (CTP) senza che siano visti dal bambini. Particolare attenzione, ovviamente, bisognerebbe poi prestare affinché il minore non si trovi mai faccia a faccia con il presunto abusante.

    In questo modo, si cerca di salvaguardare il minore che potrà testimoniare evitando il contatto con l'autore di reato e ridurre l'impatto con l'ambiente giudiziario e non sarà costretto a ripetere la testimonianza più volte.

    Lo Psicologo che lavora all'interno del contesto giudiziario, deve avere la capacità di integrare la propria professione psicologica di aiuto, che si svolge sotto il principio del consenso informato dell'utente, con quella strettamente giuridica che si svolge sotto il principio della legalità e deve quindi avere:
    • una competenza psicologico-giuridica;
    • una formazione psicoterapeutica;
    • una significativa esperienza clinica in psicologia e psicopatologia dell'età evolutiva;
    • una competenza, almeno teorica, nell'uso dei test psicologici.


    Bibliografia e Sitografia
    De Cataldo Neuburger L., Gulotta G. “la Carta di Noto e le linee guida deontologiche per lo psicologo giuridico”, Giuffrè editore, Milano, 2002.
    Gosso P.G. (2006) “L'Audizione protetta dei minori”reperito sul sito:
    http://www.falsiabusi.it
    Ordine degli Psicologi del Lazio, “Linee Guida per le perizie in caso di abuso sui minori”, http://www.ordinepsicologilazio.it/
    Petrucelli I. “ L'abuso sessuale infantile. L'intervento con i bambini, Carocci, Roma (2008).
    Ponti G. L., “La perizia psichiatrica e psicologica nel quadro della legge penale”, in Gulotta G. “Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale”, Giuffrè, Milano, 1987.
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